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TEATRO

Un Misantropo da ammirare

Nella regia di Massimo Castri la commedia di Molière risalta in tutta la sua attualità. Il personaggio di Alceste, interpretato da Massimo Popolizio, è un modello morale, che si rifiuta di prendere parte alle ipocrisie della società dell'apparire


di Maria Rosaria Corchia


Una scena in bianco e nero, qualche panchetto per fare salotto, tre pareti di eleganti specchi dalle cornici bianche che assomigliano a tanti occhi che guardano, per riflettere immagini di persone e amplificare il loro “apparire” come una cassa di risonanza. Questa è la corte del Misantropo di Massimo Castri, che si avvale delle scene e dei costumi di Maurizio Balò: una corte essenziale ma raffinata, che lascia lo spazio della ribalta alle parole di Molière.
 
All’inizio del terzo atto, Acaste si specchia vanitosamente elogiando la sua vita perfetta, la sua bella presenza, le sue fortune in ambito sociale, professionale, personale. Poi si siede e guardando a terra confessa invece la sua comica disperazione: “Mancano pochi giorni… e mi impicco!”. Gli specchi risaliranno nell’ultima scena come a togliere ogni maschera, per mostrare la realtà e l’“essere”, nel momento in cui non è possibile più fingere, e la frivolezza e la slealtà di Célimène non hanno più maschere da indossare.
 
I costumi sono tutti neri, a eccezione proprio dell'abito bianco di Célimène, la reginetta attorno cui tutto ruota, forse l’unica che a questo gioco di apparenze crede per davvero, l’unica che sotto la superficialità e la civetteria ha solo il vuoto. Fanno colore le parrucche regali dei vari personaggi: dorate, color rubino, sfarzose come altezzose criniere di leone. L’unica a non averla è Alceste, che con i suoi lunghi capelli neri stile dark sembra proprio essere fuori da tutti i giri.
 
Misantroposcena(1).jpgLa regia non è invadente e Castri fa un lavoro eccelso sulla recitazione, complice anche un cast di grande livello. Ne emerge il testo in tutta la sua incredibile acutezza: grazie alla splendida traduzione di Cesare Garboli, più ci si rifà al Seicento e alla corte del Re, più si risulta attuali. Forse per questo non ridiamo alla leggera, visto che questo mondo assomiglia così tanto alla nostra quotidianità, in cui quando si parla di amicizia, si pensa immediatamente a quella su Facebook.
 
Popolizio è un Alceste con l’ulcera, un innamorato nevrastenico che non soffre per quello che è, ma perché impossibilitato per natura a partecipare a questo minuetto di figurini. Un uomo che sceglie di non scendere a compromessi, di non soffocare la sua rabbia e di non reprimere il desiderio di onestà, di sincerità, di lealtà. Si mostra per quello che è, consapevole del rischio di avere tutti contro e rimanere solo. Non è un eroe, così come lo intendevano Rousseau o Goethe, ma solo perché questo non è tempo di eroi, di valori o di idee: è asociale, un po’ emarginato dagli altri, non riesce a fingere e a non dire quello che pensa, alla ricerca di un posto sulla terra dove potrà finalmente essere riconosciuto per quello che è, un perfetto galantuomo. Magari ce ne fossero di misantropi come lui, nella vita di tutti i giorni.



Tags: Alceste, Cesare Garboli, Jean-Jacques Rousseau, Johann Wolfgang von Goethe, Maria Rosaria Corchia, massimo castri, massimo popolizio, Maurizio Balò, Misantropo, moliere,
24 Novembre 2010

Oggetto recensito:

Il misantropo, di Molière, regia di Massimo Castri

Produzione: Teatro di Roma

 
Cast: Massimo Popolizio (Aleceste), Graziano Piazza (Filinto), Sergio Leone (Oronte), Federica Castellini (Célimène), Davide Lorenzo Palla (Basco), Ilaria Genatiempo (Eliante), Andrea Gambuzza (Clitandro), Tommaso Cardarelli (Acaste), Laura Pasetti (Arsinoè), Miro Landoni (Guardia, Du Bois)
 
Il resto della locandina: Scene e costumi Maurizio Balò. Luci di Gigi Saccomandi. Musiche di Arturo Annechino
  

Tourneè: al Piccolo Teatro - Teatro Strehler di Milano fino al 12 dicembre 2010, Teatro Municipale di Piacenza 11 e 12 gennaio, Teatro Municipale Valli di Reggio Emilia dal 14 al 16 gennaio, Teatro della Corte di Genova dal 18 al 23 gennaio, Teatro Carignano di Torino dal 25 gennaio al 6 febbraio, Teatro Donizetti di Bergamo dall’8 al 13 febbraio, Teatro Nuovo Giovanni da Udine di Udine dal 16 al 20 febbraio, Politeama Rossetti, Sala Assicurazioni Generali di Trieste dal 23 al 27 febbraio, Teatro Morlacchi di Perugia dal 2 al 6 marzo, Teatro Metastasio di Prato dal 9 al 13 marzo, Teatro Arena del Sole, Sala Grande di Bologna dal 15 al 20 marzo

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