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di Luca Beatrice

I Dirty Projectors e l'arte incerta


Gennaio, tempo di best of e di playlist per tutte le categorie dello scibile umano, una moda lanciata diversi anni fa dal protagonista di Alta fedeltà di Nick Hornby e da cui è onestamente difficile sottrarsi, almeno quanto dagli sms di auguri.
Curiosando tra le riviste musicali (che sono la mia passione), si scopre che sono parecchie a premiare tra gli album migliori del 2009 il curioso Bitte Orca dei Dirty Projectors, strampalata band di Brooklyn giunta al suo secondo lavoro. Il disco, intendiamoci, non è male nella sua brevità, ma non c'è una traccia che si riesca a ricordare, qualcosa che rimanga impressa nella memoria, così da canticchiare distrattamente. Negli ambienti indie questo gruppo ha davvero un'ottima fama, se riesce a raccogliere giudizi così unanimi, così come gli Animal Collective, premiati a loro volta dalle stesse riviste e dagli stessi siti web, che hanno scoperto nella tendenza al frammento, nella disomogeneità stilistica e nell'esecuzione approssimativa gli irrinunciabili "must" degli appena trascorsi anni Zero.
La critica musicale è dunque schierata in modo pressoché unanime su queste band di nicchia, lagnosette e misconosciute. Dovrebbero piacerci perché incerte e sfibrate, proprio come l'arte contemporanea che si vede nelle gallerie d'avanguardia e negli stand fieristici più cool, da Torino a Basilea passando per Londra. I critici ci consigliano opere che sembrano incompiute, senza una forma ben precisa, contraddittorie e tutto sommato inutili. Guai, poi, se dovessero diventare popolari e apprezzate dai più, finirebbero il loro scopo e toccherebbe darci da fare per scoprire al volo i nuovi Dirty Projectors o qualche giovane artista mai visto. Che se per caso vai a dire in giro che ti piacciono i Massive Attack o Damien Hirst, roba in pista fin dagli anni '90, ti daranno del commerciale, del banale, se non del semicolto o del nuovo ricco.
PS. Comunque, con buona pace di riviste tipo Blow Up o Rumore, "Bitte Orca" non regge il confronto con uno qualsiasi dei classici del rock.


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Inserito da Luca Beatrice - 11 gennaio, 2010 - 14:12


Commenti

Dal modo in cui viene

Dal modo in cui viene stroncato ho la sensazione che sia stato ascoltato non più di due volte da chi lo recensisce, dal decalogo del sito: <<1. Di nulla si può parlare per sentito dire. Ogni giudizio deve scaturire da un'esperienza diretta e priva di preconcetti. Nei limiti del possibile, il recensore deve porsi vergine di fronte all'oggetto da recensire, non farsi indirizzare da ciò che già conosce dell'oggetto.>>

qui mi sembra che la passione per le riviste musicali abbia influito un po' troppo.. A mio avviso è un'ottimo album, con brani memorabili tra cui "cannibal resource" e "the Bride", il confronto con "uno qualsiasi dei classici del rock" lo trovo di una pessima retorica. Ma almeno lo trovo più convincente dell'ultimo ep dei Massive Attack, che rimangono dei grandi a differenza di Hirst!

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