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di Emiliano Morreale

Il doppio salto indietro di Avatar


Avatar, dunque. Successone in tutto il mondo e anche da noi (pur considerando un 30% in più di incassi dovuto al prezzo delle sale 3D). Bisogna andarlo a vedere, bisogna parlarne. Cosa dire? Che il film è spettacolare e la storia stupidissima, come hanno detto tutti? 
Certo, dicono i cinici, alla fine è Un uomo chiamato cavallo. E anzi i disegnatori di South Park, con perfetto tempismo, hanno tirato fuori una storia in cui Peyo, l’inventore dei Puffi, denuncia James Cameron per plagio perché in effetti la storia degli omini blu che vivono nei funghi e vengono attaccati da un umano che mette tra loro dei finti puffi l’avevamo già sentita. Ma tanto gli unici a prendere per buona la fuffa new age del film sono i soliti del Manifesto.
Però bisognerebbe anche aggiungere che la stupidità della narrazione è perfettamente progettuale, funzionale al film. Avatar segna infatti, nel suo vertiginoso salto in avanti, oltre la morte del cinema, anche un doppio salto indietro. Verso uno spettatore ormai completamente bambino, e verso un cinema che è quello delle origini, prima che diventasse racconto ed era solo, come dicono gli storici, “cinema delle attrazioni”. Gli spettatori postmoderni fanno oooh come lo facevano i primi spettatori dei Lumière vedendosi arrivare addosso il treno, prima che il cinema diventasse erede del romanzo ottocentesco.
Quello che più sconcerta, nel film, è la mancanza di ingenuità, quell'incorporare già la propria metafora facendoci vedere un protagonista che vive un’esperienza simulata, vicaria, vissuta attraverso un marchingegno appena più sofisticato di quello che ha prodotto il film stesso. E il finale, nel quale il protagonista cede le proprie spoglie mortali per diventare il proprio avatar, è una promessa allo spettatore, una rassicurazione al bambino che nel frattempo lo spettatore deve essere diventato.


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Inserito da Emiliano Morreale - 2 marzo, 2010 - 12:52


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Un uomo chiamato cavallo o i

Un uomo chiamato cavallo o i Puffi? Anche Pocahontas e soprattutto L'ultimo samurai

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