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ritratto di Simone Regazzoni
di Simone Regazzoni

L'opera d'arte nell'epoca di Belen Rodriguez


Un recente spot della Tim che ironizza con intelligenza sul mondo dell’arte contemporanea ha sollevato l’indignata reazione di Fulvio Abbate, che sulle pagine de Il Fatto (1 novembre 2009) scrive: “Da qualche giorno uno spot Tim con Belen Rodriguez e Christian De Sica non mi dà pace, inzuppato com’è di una ideologia che viene da lontano, condivisa sia da certe barzellette eponime della Settimana enigmistica sia dai nazisti che in molti casi parlarono, appunto, di entartete-kunst, arte degenerata, cioè”.
Nella sua banalità midcult, la reazione di Abbate di fronte al ritratto di Belen Rodriguez come artista post-dadaista è sintomatica del rimosso che assilla il sistema dell’arte contemporanea (musei, gallerie, esposizioni, collezionisti, artisti) e che si può efficacemente sintetizzare nella formula: “Lo potevo fare anch’io”.

In questo sistema, in cui vige la regola senza regola del “qualsiasi cosa può diventare arte” (anche accendere e spegnere le luci in un museo e, al limite, anche l’opera di Belen presentata nello spot Tim: un cumulo di plastica da imballaggio), è chiaro come “Lo potevo fare anch’io” sia l’unica considerazione teoreticamente rilevante di fronte a un’opera. Perché? Perché solo e unicamente questa considerazione, all’apparenza banale ma difficilmente confutabile, dimostra come a fare la differenza tra arte e non-arte in questo campo non sia la genialità, la creatività o la tecnica dell’artista di turno capace di trasformare la “merda” in opera d’arte (vale a dire in oro), bensì la cornice in cui l’opera (qualsiasi cosa) è inscritta. La cornice può essere un museo, una galleria, un’esposizione, una mostra o una rivista, un catalogo. Qualsiasi cosa prodotta, pensata o creata da chiunque, se inscritta in una di queste cornici, diventa arte. E’ la cornice a produrre opera e artista.
Morale della favola di Belen Rodriguez? E’ sufficiente mettere in discussione il fatto che siano queste le uniche cornici legittime dell’arte perché lo spazio a lei dedicato si ampli. E perché nuovi e inesplorati territori si aprano alla fruizione artistica.


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Inserito da Simone Regazzoni - 3 dicembre, 2009 - 14:09


Commenti

Se Berlusconi ottiene la

6.03

Se Berlusconi ottiene la massa dei consensi questo non sigifiìca che lui abbia ragione. La democrazie è in rovine. Obama avuto torto di mettere il destino dell'umanità sotto ll clamore di massa per una sola puntata di 'Lost. la popolarità nonè una garanzia del giusto.

Felix

Tutti al vernissage!

Tutti al vernissage! condivido, Simone.

Tutti al vernissage!

Tutti al vernissage! condivido, Simone.

"E’ la cornice a produrre

"E’ la cornice a produrre opera e artista." non sono d'accordo ! per me : "E’ il perchè a produrre opera e artista."

La domanda 'perché a produrre

La domanda 'perché a produrre opera e artista' è a è abbastanza ambigua. Da una parte è infatti possibile chiedersi se la produzione dell'arte e ancora possibile - alcuni artisti come John Cage ed altri - la pittura cosidetta concettuale - sono arrivati vicini al punto zero. Un vuoto che il pop non riesce a riempire se non qua e là.

Dall'altra parte posso dare una risposta semplice alla domanda, "Perché?" Perché il linguaggio concettuale, per il bene e il male, è stato per la maggiore parte uno strumento di dominazione, e l'arte è stato un tentivo per compensare per questa hegemonia. Inutile tagliarsi la testa e sperare che il corpo vada avanti per conto suo; nessuno ci riesce anche volendo

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