• Seguici su:
TEATRO

L'indimenticato personaggio di Alfred Jarry restituito alle scene dall'allestimento di Roberto Latini: sbuca dal nulla e ci squaderna davanti un complesso gioco di scatole tutto teatrale, che va dai testi di Shakespeare al Pinocchio rivisitato da Carmelo Bene. Ma è molto di più del solito rosario di citazioni...


di Igor Vazzaz

Merdra! Non si può iniziare altrimenti. La storpiatura escrementizia con cui ha inizio il testo del giovane Jarry è sciente disarticolazione logico-sonora che rompe un silenzio atavico per lasciar dietro sé il cadavere del linguaggio, un simulacro tumefatto e inerte. Arrivare a Ubu dal niente assoluto, dal nitore di quella scatola vuota che è la scena: la prima visione offertaci da Roberto Latini e Fortebraccio Teatro è muta, sospesa in una dimensione metafisica e inquietante. Un sole (o un gong?) disegnato dalle luci sul fondale ed ecco l’ingresso sile
22 Febbraio 2012

TEATRO

Anche nel suo ultimo spettacolo, 7-14-21-28, il performer si esibisce nel labirinto scenografico creato ad hoc da Flavia Mastrella. Le loro sperimentazioni sul linguaggio di scena spiazzano sia il pubblico che la critica


di Igor Vazzaz

La recensione non è il modo ideale per affrontare il teatro, e l’arte in genere, quando questi fanno del linguaggio (e non della lingua) il proprio campo di battaglia, mettendo in crisi forme convenzionali e proponendone di nuove. È il caso di Antonio Rezza e Flavia Mastrella: troppo sfuggente il loro discorso, nell’immediatezza apparente d’una comicità crudele che conduce spettatori e critica sui terreni impervi del travisamento, puntando al dito e ignorando la luna. E lo strabismo - commovente per ingenuità - di certe cronache su 7 – 14 &n
05 Maggio 2010

TEATRO

Non è teatro, non è musica, non è danza e non è arte: è il nuovo spettacolo di Marco Parente, con un demone poveraccio, letteralmente cornuto e mazziato, per protagonista


di Igor Vazzaz

Quale futuro, se di futuro si può parlare, per il teatro canzone? Forma ibrida e feconda, consegnataci da un Gaber divenuto “classico” e tuttora in attesa di interpreti degni (gli esperimenti al riguardo sono successi di pubblico, ma fiaschi d’estetica e politica), questo peculiare (de)genere novecentesco sembra ancora necessitare di tempo per potersi dichiarare in salute. E mentre i “puri” alfieri del rock italiano, gli Afterhours, si aprono, in modo discutibile, alla performance, c’è chi, sottotraccia ma non troppo, elabora strategie esp
26 Aprile 2010