Contro la forma gaberiana del teatro-canzone si infrangono le più belle promesse e realtà contemporanee. Non fa eccezione, purtroppo, Morir sì giovane e in andropausa, un allestimento di Scena Verticale che Gaber non lo cita se non implicitamente: una satira 'cantata' sulla gioventù che non morde
di Igor Vazzaz
È inutile girarci intorno: se c’è uno scoglio contro il quale la scena italiana contemporanea finisce puntualmente per infrangersi è quello del teatro canzone. Imbarazzante, ormai, doverlo rimarcare, ripetere, ché sembra d’ergersi a caronteschi guardiani del repertorio, dell’esistente, del consolidato, cosa che, lo assicuriamo, è in toto aliena dalle nostre intenzioni e di critici e di appassionati: con la medesima e rassegnata onestà, dobbiamo però ammettere papale papale che, in dieci anni di riprese, omaggi e tributi, la qua
La brava Maddalena Crippa riporta in scena il genio del teatro canzone. L'attrice cerca di smarcarsi dall'inarrivabile modello e ci riesce meglio di altri: ma non basta
di Igor Vazzaz
A scanso di fraintendimenti, ribadiamo quel che abbiamo detto altre volte: il teatro è il regno della reintepretazione, della reinvenzione, della resurrezione di testi, corpi e rapporti di forze un tempo cuciti addosso ad altri corpi, altre voci, altri attori. Quello di Gaber, a nostro avviso, era ed è tuttora grande teatro, originale, urgente e, benché legato a doppio filo con la realtà dell’epoca in cui veniva concepito, ancora in grado di parlare agli spettatori. Questo non implica che le ultime rivisitazioni abbiano colto nel segno, tutt’altr
Non è teatro, non è musica, non è danza e non è arte: è il nuovo spettacolo di Marco Parente, con un demone poveraccio, letteralmente cornuto e mazziato, per protagonista
di Igor Vazzaz
Quale futuro, se di futuro si può parlare, per il teatro canzone? Forma ibrida e feconda, consegnataci da un Gaber divenuto “classico” e tuttora in attesa di interpreti degni (gli esperimenti al riguardo sono successi di pubblico, ma fiaschi d’estetica e politica), questo peculiare (de)genere novecentesco sembra ancora necessitare di tempo per potersi dichiarare in salute. E mentre i “puri” alfieri del rock italiano, gli Afterhours, si aprono, in modo discutibile, alla performance, c’è chi, sottotraccia ma non troppo, elabora strategie esp