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Psico-bimbo

Padri adottivi

E' quel che sono, in fondo, proprio tutti, come ci insegna il bel film Welcome. E il legame che i figli instaurano con loro è il modello per i rapporti che costruiranno con gli estranei nel corso della vita


di Giorgio Astengo

Il film Welcome di Philippe Lioret, piccolo grande capolavoro, intenso e crudele, presentato con successo nel febbraio 2009 al Festival di Berlino e splendidamente interpretato da Firat Ayverdi (il diciassettenne Bilal) e Vincent Lindon ( l'istruttore di nuoto Simon), racconta la storia di un ragazzo curdo che, partito dall'Iraq per raggiungere in Inghilterra la ragazza di cui è innamorato, arriva a Calais, dove non trova altro modo per attraversare la Manica se non a nuoto. Bilal incontra, nella piscina dove cerca disperatamente di allenarsi, un istruttore di nuoto che, a sua volta, sta affrontando il doloroso naufragio del proprio matrimonio.
 
La critica ha apprezzato la limpidezza con cui viene affrontato lo spinoso e attualissimo tema delle migrazioni dei popoli e delle leggi che cercano di regolamentarle (leggi la nostra recensione): ma il film può anche essere un'ottima occasione per parlare di padri e figli. Soprattutto di padri, in un momento in cui la loro funzione sembra, nell'immaginario collettivo e, forse, anche nei fatti, poco definita.
Questa potrebbe essere la metafora del film: un bambino arriva da lontano, dalla "madre terra" e incontra un uomo che gli insegna, lo allena e lo aiuta a crescere e ad affrontare le difficoltà per raggiungere la ragazza con cui proseguire il suo viaggio nella vita.
Questa metafora della funzione del padre è presente in molte fiabe e leggende, romanzi, opere teatrali, pittoriche e musicali, nonché in altri film, è dunque profondamente e universalmente radicata nell'animo e nella cultura umani. Mi preme però sottolinearne un aspetto: quando si incontrano, Simon e Bilal sono due perfetti sconosciuti. Solo un po' per volta diventeranno "padre e figlio" : si annusano, si misurano, si scontrano, si cercano e stabiliscono un codice di comunicazione, intrecciano un legame che diventerà intenso e profondo.
 
A pensarci bene, tutti i padri sono adottivi. Non c'è gravidanza, né parto ma, ad un tratto, l'incontro con un piccolo estraneo. Il lavoro necessario per costruire il legame con il padre può essere considerato, se mi si permette questa semplificazione, il prototipo del lavoro necessario in tutte le relazioni che il bambino potrà/dovrà via via costruire nella sua vita, di tutti gli incontri con "sconosciuti" che intrecceranno il loro cammino con il suo; "sconosciuti" perché non contraddistinti dalle caratteristiche della viscerale, fisica e fondante relazione con la madre. I padri quindi dovrebbero insegnare ai figli ad affrontare il mare, piuttosto che a navigare in internet, anche se la conclusione del film richiederebbe altre considerazioni sulle difficoltà dell'approdo.



Tags: Giorgio Astengo, immigrazione, nuoto, padri e figli, paternità, welcome, Psico-bimbo,
25 Gennaio 2010

Oggetto recensito:

FUNZIONE DEL PADRE NEL FILM WELCOME

giudizio:



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