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ARTE CONTEMPORANEA

Hirst pensa solo ai solidi

E' in mostra a Firenze la discussa opera For the love of God: un cranio del Settecento rivestito di diamanti, stimato più di cento milioni di dollari. Ecco perché non si tratta (soltanto) di una bieca operazione commerciale


di Riccardo Bonini

 


“Il teschio incrostato di diamanti di Damien Hirst simbolizza la vacuità dell’arte contemporanea, in sostanza i soldi più che il messaggio?”. “Cari miei, i soldi sono il messaggio” (Charles Saatchi)
 
Se un’opera d’arte divenga tale nel momento in cui viene creata o nel momento in cui viene venduta è un quesito che affascina e contrappone artisti, critici e operatori del contemporaneo. Qual è il fine ultimo a cui tende l'atto artistico? Jeff Koons, con il suo trash d’élite, e lo stesso Damien Hirst hanno provato a rispondere segnando un punto di non ritorno.
   
Con For the love of God, il leggendario teschio di diamanti ora esposto a Firenze, il quarantacinquenne numero uno al mondo, originario di Bristol e cresciuto nella periferia di Leeds, sembra risolvere perentoriamente la questione, sancendone il paradigma definitivo: il calco in platino di un cranio appartenuto ad un giovane del ‘700 viene tempestato con 8.604 diamanti purissimi, per un totale di 1.106,18 carati e una stima superiore ai cento milioni di dollari. Il punto esclamativo di Hirst (che anche in questa occasione riflette su uno dei cardini fondamentali della sua produzione: formalizzare un’idea della morte nell’immaginario di un vivente) appare in tutto il suo splendore come una sfida da raccogliere: l’opera più costosa e, da un certo punto di vista, preziosa, che sia mai stata fabbricata è davanti ai nostri occhi; chi volesse oltrepassare tale soglia di meraviglia potrebbe riuscirvi solo attraverso un’operazione dall’irreprensibile valore intellettuale. La sostanza e la dimensione materiale dell’arte appaiono infatti ormai fuori portata, paradossalmente già fuori moda, appunto già canonizzate dalla scomoda operazione di Damien Hirst. 
 
A rendere ancora più intrigante l’intera operazione basterebbe ricordare come questa sia solamente la terza esposizione a livello mondiale per l’opera dell’artista inglese, dopo quelle alla galleria White Cube di Londra (che lavora con Hirst fin dagli esordi) e al Rijksmuseum di Amsterdam: For the love of God è stata prodotta nel 2007, all’alba del crash economico mondiale, e oggi più che mai suona come un sinistro memoriale. 
  
studio.JPGA ciò si aggiunge la peculiarità del loco in cui è andata a collocarsi nell’occasione di questa permanenza italiana: lo studiolo di Francesco I de’ Medici all’interno di Palazzo Vecchio (qui accanto), capolavoro del manierismo fiorentino ricostituito con perizia all’inizio del secolo scorso dopo che la collezione che lo componeva andò disperdendosi alla morte dello stesso Francesco. Proprio il granduca amava ritirarsi in solitudine in questi ambienti per coltivare i propri interessi scientifico-alchemici, ed è addirittura ritratto in uno dei tanti dipinti (tutti di scuola vasariana) che decorano sontuosamente le pareti nei panni di un’apprendista alchimista.
  
Lo spettatore, che per arrivare allo studiolo è già transitato per le impressionanti metrature del Salone dei Cinquecento, viene indotto a una sorta di preparazione spirituale: l’ignota meta è una cella oscura, nera, i cui confini fisici restano difficili da percepire, e attorno al cui preziosissimo epicentro di platino (il metallo più prezioso e duttile che si conosca) e diamante (il minerale più duro) ruotano come satelliti attoniti pochi, selezionati visitatori, per un massimo di dodici per volta. 
 
Il diamante è una forma allotropica del carbonio, così come lo è la grafite, la pietra della lavagna. E' come dire che sono due facce della stessa materia, perchè ciò che li distingue è solo ed esclusivamente lo stato di aggregazione: per il diamante si tratta di un reticolo cristallino di atomi di carbonio disposti secondo struttura tetraedrica. Il tetraedro è un poliedro che già Platone nel Timeo indicò come la struttura dell'elemento fuoco: sulla base delle sue probabili conoscenze di geometria euclidea gli aveva attribuito la struttura perfetta di un triangolo equilatero ripetuto sui suoi tre lati. E' abbastanza naturale che, nel Rinascimento, in piena riscoperta della filosofia platonica, questi poliedri abbiano goduto di grande popolarità presso gli artisti dell’epoca; tant'è vero che da quel momento la loro storia artistica e quella scientifica si confondono. I più importanti libri rinascimentali sulla teoria e pratica della prospettiva sono spesso delle sequenze di solidi nello spazio, visti sotto diverse angolature, e Leonardo da Vinci fu il primo in grado di disegnare i famosi poliedri di Platone.
 
Basterà questo a tentare di far riflettere gli scettici moralisti, convinti più che mai in questo caso che si tratti solo di una bieca operazione commerciale? Le loro posizioni sono argomentate in modo banale, come la domanda posta dal cronista a Charles Saatchi e riportata in calce, e mancano clamorosamente il centro della questione.



Tags: alchimia, arte contemporanea, carbonio, damien hirst, diamanti, firenze, For the love of God, palazzo vecchio, platone, recensione, Riccardo Bonini, studiolo di francesco I, teschio,
02 Febbraio 2011

Oggetto recensito:

For the love of god, damien hirst, palazzo vecchio, firenze

Fino al: 1° maggio 2011
Orari: 9-19, giovedì e nei giorni festivi infrasettimanali 9-14, come Palazzo Vecchio, visitabile con lo stesso biglietto
Operazione a cura di: Francesco Bonami, con il sostegno della società organizzazione eventi Arthemisia, su cui si sono concentrate innumerevoli polemiche riguardo i costi dell’‘intera manovra
Damien Hirst dixit: "Non mi interessa, Elvis Presley ha realizzato tanti soldi sia dalle t-shirt con su scritto 'Amo Elvis Presley' sia con quelle con 'Odio Elvis Presley' e questa idea mi è sempre piaciuta: l’importante è scrivere il nome con l’ortografia corretta"
 

giudizio:



7.868574
Media: 7.9 (7 voti)

Commenti

Diamo a Hirst ciò che è di

Diamo a Hirst ciò che è di Hirst e a Firenze ciò che è di Firenze. Di cosa stiamo parlando, se non dell'opera For The Love of God di Damien Hirst? Opera che è stata esposta anche al White Cube di Londra e ad Amsterdam, location che con il Rinascimento italiano hanno poco o nulla a che fare. Forse a Londra il teschio di cristallo era "meno bello", "valeva" di meno, sottratto alla splendida cornice del Palazzo fiorentino? Perchè una cosa è il Palazzo e un'altra cosa il teschio diamantato. Merito di Bonami aver valorizzato l'opera in una mostra e in una sede che "chiama" ad ammirare anche l'arte rinascimentale (visitabile, tra l'altro, indipendentemente da Hirst); ma se parliamo del teschio tout court, in carne ed ossa(anzi in diamanti e ossa), quale perfetto exemplum dello stato dell'arte contemporanea, allora è sufficiente la risposta di Damien Hirst a Saatchi: "i soldi sono il messaggio". Non proprio un'affermazione leonardesca...

L'excursus storico

9

L'excursus storico scientifico sul pensiero di Leonardo per quel che riguarda la ripresa del Platonismo in pieno Rinascimento mi permetto di affermare che rappresenti un valore aggiunto alla mostra,e ce ne ampli “la visita “ al resto del Palazzo. Da lettrice di Bonami e appassionata di Arte Contemporanea ne apprezzo sempre di più l'operato, For The Love of God mi ha affascinata soprattutto per dove è stata collocata, e in tempi di subcultura nazionale non mi sento di spender alcun tipo di riflessione sulle polemiche bieche che vanno a svalutare quel " oltre la facciata "che ci apra alla canoscenza..

Interessante, ma non credo

4.05

Interessante, ma non credo che Hirst abbia pensato a Platone, a Leonardo o alla composizione chimica dei diamanti durante la genesi dell'opera.

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