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WEEKEND - CINEMA

Il cinema italiano? E' ri-morto

Solo un anno fa, entusiasmati da Gomorra e dal Divo, tutti gridavano al miracolo: "E' risorto!". E ora? E' di nuovo crisi. E non ci salveranno né i cinepanettoni né i soldi pubblici


di Alberto Barbera

Immagine tratta dal film "Dellamorte Dellamore"


No. Non se ne può più, davvero. Dell’altalena di ottimismo e pessimismo che circola nei discorsi sul cinema italiano da vent’anni a questa parte, dico. Il cinema è morto. No, è solo svenuto. Macché, è tornato grande, non appena un paio di registi azzeccano un film nello stesso momento (Garrone e Sorrentino, solo un anno fa). Oppure quando l’affluenza del pubblico fa lievitare i numeri della percentuale riservata al prodotto nostrano, in sale peraltro sempre meno frequentate o, comunque, visitate ormai solo nelle grandi occasioni. E’ successo nel 2008, grazie a due o tre prodotti autoctoni destinati alle famiglie o agli adolescenti di bocca buona (Natale a Rio, Notte prima degli esami, Tre metri sopra il cielo).
I dati appena pubblicati indicano invece una nuova fase recessiva per il nostro cinema: percentuali in calo, titoli disertati, raffronti desolanti con l’anno precedente. E il pubblico riconquistato, per il quale ci si era tanto felicitati? Liquefatto. E l’amore rinverdito per le nostre star, onnipresenti sui media, televisivi e non? Dissolto come neve al sole. Perché? Nessuno se lo chiede. Proviamo a farlo qui, con la sintesi imposta dai limiti di una recensione.
 
I registi di talento ci sarebbero anche, e così gli sceneggiatori, i tecnici di ogni settore (direttori della fotografia, montatori, musicisti). Gli attori sono tutti bravissimi, e non parlo delle cosiddette star. I soldi sono meno di un tempo, ma quando si vuole li si trova (altrimenti, come si sarebbe potuto produrre un film come Baarìa, che da solo costa quanto dieci film di medie dimensioni o quaranta, se non cinquanta o sessanta, a basso budget?).
E allora? Come sempre in questi casi, ci sono una serie di concause, che vanno messe in relazione l’una con l’altra. Il cinema italiano aspetta una nuova legge di sistema da quasi trent’anni, senza contare che quella promulgata nei primi Ottanta era già vecchia prima di vedere la luce. Sono secoli (metaforici) che si invoca una riforma capace di ispirarsi ai modelli europei vincenti, con la creazione di un Centro Nazionale per la Cinematografia sul modello francese. Che si auspica una tassa di scopo capace di autofinanziare il settore senza ricadere nelle paludi del sostegno a fondo diretto che tanta dispersione di risorse pubbliche ha generato. Che si invoca un tax shelter degno di questo nome. Invece, il Ministro per i Beni Culturali sembra distratto da altre incombenze: scrivere poesie, coordinare il partito, scrivere lettere di reprimende (e insulti) agli artisti che hanno osato protestare per i tagli al Fondo Unico dello Spettacolo e per l’assenza di una qualsivoglia politica culturale in questo Paese.
 
Manca una strategia, che sappia essere industriale e culturale allo stesso tempo, capace di imprimere una svolta all’intero cinema italiano. I produttori vivono alla giornata, cavalcando mode effimere (ultimo esempio, il filone dei film adolescenziali), sparando alla cieca nella speranza di azzeccare il film giusto. Perché stupirsi se la maggior parte dei colpi non va a segno? Manca, infine (e non sembri una cosa da poco) un dibattito critico serio, in grado di far dialogare autori e interlocutori in maniera dialettica, com’era (quasi) sempre avvenuto in passato. Magari a colpi di litigi feroci e confronti duri, ma fecondi per tutti e in grado di stimolare il pubblico, per sua natura pigro e piuttosto votato alla passività. Invece, i recensori nostrani stentano persino a riconoscere i meriti di un film come Vincere, salvo poi fare marcia indietro quando a gridare al capolavoro sono i critici degli altri paesi.
In questa situazione, attiene quasi alla natura del miracolo la comparsa di un film come La bocca del lupo di Piero Marcello, incoronato al Torino Film Festival. Lavoro a budget quasi inesistente, né documentario né racconto di finzione, ma grande opera di poesia, riflessione elegiaca sull’amore, la morte e la dissoluzione (degli individui e di un intero paese). L’epifania di un nuovo autore, che fa a pezzi i modelli linguistici e formali ai quali ci ritenevamo assuefatti, per crearne uno nuovo, emozionante e originale. Non è ovviamente l’indicazione di un modello da perseguire, ma l’affermazione di un diritto all’esistenza che proviene dalla marginalità più radicale. Per il resto, si naviga a vista. Continua a piovere sul cinema italiano nel suo insieme.


Tags: Alberto Barbera, cinema italiano, cinepanettone, critici, elberto barbera, garrone, gomorra, il divo, La bocca del lupo, moccia, mostra venezia, Natale a Rio, Notte prima degli esami, Piero Marcello, pubblico, sale, sorrentino, torino film festival, Tre metri sopra il cielo, weekend,
05 Dicembre 2009

Oggetto recensito:

IL CINEMA ITALIANO

giudizio:



6.811578
Media: 6.8 (19 voti)

Commenti

Personalmente credo he la

Personalmente credo he la legge Urbani qualche criterio di competitività l'aveva introdotto. la vera disgrazia del cinema italiano è l'impostazione data allorché vennero fissati criteri troppo discrezionali per l'erogazione del finanziamento di stato. Le case di produzione si sono abituate a lavorare non per il mercato e tanto meno per il pubblico. La prima preoccupazione dei produttori è la sovvenzione. E un sistema alla francese privo di paletti molto seri e rigidi farebbe sprofondare il cinema italiano in una situazione ancora peggiore. Un discorso a parte poi lo meriterebbe l'esercizio, che continua ad arrocarsi sul mantenimento della window, come se bastasse a salvare gli incassi. Ma la tenitura dei film in sala è sempre più corta, e tra l'uscita cinematografica e le altre piattaforme di sfruttamento s'infila la pirateria: un problema di cui gli esercenti non hanno ancora capito entità e conseguenze

Dire che "I registi di

Dire che "I registi di talento ci sarebbero anche, e così gli sceneggiatori, i tecnici di ogni settore (direttori della fotografia, montatori, musicisti). Gli attori sono tutti bravissimi, e non parlo delle cosiddette star" è forzare la mano. Ci sarebbero pure, ma poi gira e rigira la gran parte dei film italiani sono scritti male, diretti peggio e recitati da cani.

Forse, con gomorra e il divo

7.02

Forse, con gomorra e il divo abbiamo solo visto l'ecografia del bambino che dovrebbe e potrebbe nascere...peccato...

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