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di Gian Luca Favetto

Appartenenze


E allora uno sceglie e prova a dire non appartengo. A scatola chiusa non appartengo a niente. Fuggi all’appartenenza opponendoti con un preferisco di no. Essendo cosciente dei tuoi limiti, magari scegli il condizionale: preferirei di no. E poi, docilmente, ma in modo irremovibile, ti comporti di conseguenza. Come Bartleby, l’ostinato, temerario, rivoluzionario personaggio di Herman Melville.
Preferirei non appartenere a questa cosa che ricorda il Colosseo. Passano le epoche, cambiano anche molto, ma ciascuna si ritrova il suo Colosseo, con quello che ci sta dentro e attorno. Non mutano i comportamenti, nemmeno l’atmosfera. È come se scorgessi l’imperatore che contempla i suoi sudditi per vedere il pollice verso o rivolto in alto, così l’illusione è che possa decidere secondo il volere del popolo il destino dei gladiatori, servi anche loro, nel senso che servono all’esercizio del potere. Sanremo è il Colosseo, Amici è il Colosseo, il televoto è il Colosseo: spettacoli e meccanismi che riducono il popolo a popò.
A questo baraccone, a questo Colosseo, questo popolo, questa popò non vuoi appartenere, non è la tua parte. E invece è questo che chiedono: essere uno di loro. Sei uno di noi, sanciscono. Lo pretendono. Fanno in modo di costringerti.
Se non appartieni a un gruppo, a una parte, a un clan, a una conventicola, a una squadra, a una curva, a un esercito, a una parola d’ordine, non sei nessuno. Essere nessuno, qui sta lo scarto e lo scatto. Nessuno e Bartleby insieme. Bartleby che si oppone con la quieta perentorietà di un no sommesso, agito, non urlato. Ed essere Nessuno, che con intelligenza si sottrae a Polifemo, lo vince e guadagna la sua libertà. Bene, per farne cosa poi?


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Inserito da Gian Luca Favetto - 24 febbraio, 2010 - 13:22


Commenti

I would prefer not, dice

I would prefer not, dice Bartleby a mo' di refrain, come una canzone di Sanremo, solo un pelino più sofisticata nel sottotesto. Ma in quel condizionale "preferirei", "would prefer" sta tutta la consapevolezza del non poter non appartenere a nulla e nessuno. Il condizionale che inchioda il desiderio della volontà alla croce dell'impossibilità. Preferirei ma non posso. So di non potermi sottrarre anche se lo vorrei. Ecco quel che noi Bartleby siamo costretti a dire, coscienti del fatto che non appartenere non ci appartiene in questo mondo. E se invece povrassimo ad appartenerci l'un l'altro?

e se invece

e se invece quell'impossibilità di appartenere fosse una benedizione? un modo per non appropriarci di niente e di nessuno? un modo per mettere in atto la più totale libertà? un modo di vivere il rispetto? ogni cosa ha due facce, per viverla bene basta scoprire quale ti piace di più. come se fosse facile, poi, da scoprire...

Essere Nessuno, o, come

8.01

Essere Nessuno, o, come direbbe Faber, "andare in direzione ostinata e contraria", per farne cosa poi? Trovo una possibile risposta nella sua Smisurata Preghiera: "per consegnare alla morte una goccia di splendore/ di umanità/ di verità".

mi viene da dire che c'è una

mi viene da dire che c'è una sottilissima differenza tra una petizione di principio contraria alle etichette e la costruzione di nuove etichette e scale di valori. io non sono nessuno, quindo in qualche modo sono più di un altro che è. la differenza è tutta dopo il punto di domanda: libertà, per farne cosa? se sono contro perdo la mia libertà di essere, se sono a favore perdo ugualmente la mia libertà di essere. solo essendo permetto a me stesso di essere libero. è un gioco pericoloso, la libertà, la mente pretende etichette per non perdersi. ma se perdessimo di vista la mente e i suoi dualismi insidiosi, può darsi che ci aspetti una nuova libertà di essere, noi, così come siamo, senza appartenere e senza non appartenere. scegliendo. facendo. vivendo, insomma.

Io non appartengo a niente e

Io non appartengo a niente e nessuno, ma solo a me stessa. E' solo su me stessa, il mio pensiero, la mia indole, la mia perspicacia e tutta la mia esperienza che baso la mia vita e nient'altro. Mai farsi influenzare dalla massa, dal gruppo, dalle mode, dal tutto. Puoi fare riferimento a qualcuno, un modello preferito, assomigliante a te, ma alla fine si è e si deve essere solo se stessi, far riferimento a sè stessi. Si è nessuno se ci si confonde con tutta la massa, non il contrario. Non siamo cloni di nessuno. Ci sono persone simili, affini, ma non ci si deve mai confondere con l'atro. punto.

Ok, io non appartengo perché

8.01

Ok, io non appartengo perché non ci tengo. Non tendo al tenere la parte, non voto al televoto ma do il mio voto segretamente, tenendolo in me. Magari svelandolo a chi mi sta vicino davanti al televisore, ma lo nascondo al televoto. Per come hai terminato il tuo pensiero - cosa farne della libertà - sembra che non esita via d'uscita: o si appartiene o si appartiene. Per ogni cosa c'è una via di fuga possibile, mica siamo intelletualmente prigionieri di un ingranaggio, no? Io non mi sento tale, e non ci tengo a diventarlo. Se poi gli Amici diventano nemici di altri, non accettiamo la loro (falsa) amicizia. Sai l'ossigeno che ti entra nei polmoni quando pronunci "iosononessuno"? Una meraviglia, una nuova vita, un fiore - Nessuno - che diventa più bello ogni giorno, si nutre della propria unicità, vive di quella. Non è rivoluzione, questa, è naturale evoluzione.

Un argomento difficile, che

Un argomento difficile, che porta all'incontro, allo scontro con i limiti dell'essere. Appartengo solo mentalmente, ma non partecipo. Appartengo allo Stato, ma solo fisicamente. Appartengo al lavoro, ma solo nel tempo. Appartengo alla famiglia, ma solo nel cognome che porto. Comunque la si pensi, l'appartenere è sempre legato ad una decisione, quasi mai ad un'azione. Sono a favore o sono contro, non c'è via di mezzo. Lotto o non lotto per quei principi, per quegli ideali, anche utopistici, che mi fanno decidere o non decidere della mia vita. Se ci pensiamo è sempre una lotta l'appartenere, mai che una volta desistiamo da questa lotta, da questo appartenere, da questo aggregarci per togliere, o almeno limitare, quel senso di solitudine che ci veste come un pesante cappotto d'inverno. Desistere per esistere, per essere almeno una volta noi stessi, nudi e crudi, con tutti i nostri difetti, con tutti i nostri limiti e apparire al grande schermo della vita senza le maschere di menzogne che ci servono fedeli, ormai da anni, per nascondere la nostra debolezza. Nulla ci appartiene di più di quelle maschere a cui siamo così assuefatti che non sappiamo più di averle addosso, tanto che ci mascheriamo per essere noi stessi, alla stessa maniera di quando mascheriamo la verità con lo scherzo. Desistere non è rinunciare, non è arrendersi, non è, tanto meno, lottare; ma è voltarsi per resistere. Resistere: esisto come un re, con i piedi ben piantati a terra, con le idee chiare, con le forze centrate e in direzione dei miei sogni che corrono sulle vere intenzioni che mi porto dentro e che sono le fiamme che mandano avanti la vita e l'essere che non appare, ma è e non ha bisogno dei giocattoli dell'umanità. Appartengo solo a me stesso e se anche Chronos dovesse interrompere il mio sperimentare, io so che il mio essere non terminerà il suo viaggio in quanto non si è voluto legare alle cose di questo mondo, ha lasciato dietro tutto, ha desistito nei confronti di qualsiasi potere ed ora è libero di aprire le sue ali e volare in un cielo che non è di questa Terra.

Nulla da aggiungere, quattro

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Nulla da aggiungere, quattro soli.

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