Un libro insolitamente "nostalgico" per una scrittrice al primo romanzo come Elena Varvello. La luce perfetta del giorno raccoglie ricordi da un paese, Croci, che oggi non è più quello che aveva conosciuto Matilde Luisa Nisi, quando i giorni si rincorrevano lentamente e dove anche la cosa più piccola poteva assumere grandi significati
di Giuseppe Grattacaso
Croci è un piccolo paese “circondato da boschi e da campi di granturco“. E' lì che vive Matilde Luisa Nisi ed è lì che si svolge l'intera vicenda raccontata ne La luce perfetta del giorno, primo romanzo di Elena Varvello, che fa seguito al felice esordio narrativo della raccolta di racconti L'economia delle cose. La narrazione si apre nel 1969, quando la protagonista si reca per la prima volta a Croci. Accompagna il marito che vuole acquistare il terreno dove costruire la loro casa. Matilde non è per nulla convinta della sce
Trentenne assunto per lavorare alla collezione della Farnesina scopre un traffico di opere d'arte che coinvolge politica, Vaticano e crimine organizzato. Il primo libro di Stefano Jorio è un thriller che ritrae il belpaese così com'è oggi: un esordio sorprendente e originale dà la sveglia alle nostre coscienze civili
di Katia Laurannino
Appena ventinovenne e già al secondo film, la regista francese mira in alto. Il padre dei miei figli è ispirato alla figura del produttore cinematografico Humber Balsan, suicida per via dei troppi debiti. Un dramma di notevole perfezione formale, ma senza la giusta consistenza
di Marinella Doriguzzi Bozzo
Cominciamo da prima dell’inizio, ossia dal titolo: subito vengono in mente famiglie allargate, rapporti modulari, intrecci multipli, ossia il geniale Claude Sautet con i suoi anni '70: E’ simpatico ma gli romperei il muso, Tre amici, le mogli e (affettuosamente) le altre, ecc. Ora trasferiamoci a dopo la fine, ossia alla canzone che accompagna i titoli di coda: Que sera sera, Oscar 1956, scritta per il film di Hitchcock L’uomo che sapeva troppo e cantata da Doris Day. Grandi riferimenti... In mezzo, il film e la sua artefice, ossia la giovanissima regista (cl
Due scrittrici esordienti, due libri di successo che appartengono a generi diversi ma hanno molti punti in comune: due amiche da un lato e due fidanzati dall'altro, due storie di disagio e mal di vivere. Recensione in parallelo di Silvia Avallone e Antonella Lattanzi: due grandi promesse, due piccole delusioni
di Alessandra Minervini
Silvia Avallone e Antonella Lattanzi, esordienti dalle penne d'oro, sono cresciute negli anni Ottanta: gli anni del reflusso (politico), del rigetto (televisivo) e del rampantismo (di facciata). Quasi coetanee, forse non si sarebbero mai conosciute (la prima è nata a Biella, la seconda nella levantina Bari) se, negli ultimi mesi, non avessero condiviso gli scaffali più in vista di (quasi tutte) le librerie italiane e se non fossero spalleggiate da (quasi tutte) le recensioni nazionali. Dunque, perché scriverne? Se tutto è già stato detto, letto,