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TEATRO

Non prende nemmeno un respiro la Sabrina Impacciatore diretta da Valerio Binasca in E' stato così. Come nel testo originale di Natalia Ginzburg, le parole si susseguono una via l'altra in preda all'emozione, subito dopo aver ucciso l'uomo che l'aveva amata, poi delusa e infine tradita. 


di Nicola Arrigoni

E’ in apnea Sabrina Impacciatore, un’apnea che fa venire il mal di pancia ma che ben rende E’ stato così di Natalia Ginzburg, romanzo adattato per la scena da Valerio Binasco. A trattenere il respiro sarà poi la platea stessa, mentre segue passo passo una confessione, allucinata ma precisa, quasi una deposizione di un interrogatorio. "Gli ho sparato negli occhi" dice la donna riferendosi all’atto di disperata ribellione verso quell’uomo che ha sposato, e dal quale ha subìto le assenze, i silenzi, i viaggi, e l’amore per l'ex fi
27 Marzo 2013

TEATRO

Sabina Impacciatore truccata come una bambola è sola in scena per il tempo di un unico e incessante lamento di "donna oggetto" tradita. E' stato così, il testo firmato da Natalia Ginzburg e qui diretto da Valerio Binasco, racconta una tragedia da uno statico punto di vista femminile. Un congegno scenico che però spesso gira a vuoto


di Giovanni Desideri

Certi titoli dicono molto dell’opera che introducono. Per esempio il monologo teatrale È stato così, da Natalia Ginzburg, regia di Valerio Binasco, Sabrina Impacciatore sul palco. Se pensate che questo titolo preluda ad una tragedia continua, ad un'inconsolabile rassegnazione, ad un cupo immobile fatalismo, ebbene non siete distanti da quel che accadrà in scena, dove anche il verbo “accadere” è una metafora più che una descrizione.   L’idea è infatti quella di un donna-carillon, seduta per tutto il tempo al centro del
03 Aprile 2012

FILM

In previsione del centocinquantenario, Mario Martone rilegge l'unificazione nazionale in chiave anticelebrativa. Lungo e accurato, è il ritratto di una patria lontana soltanto nel tempo


di Andrea B. Previtera

Ma che vi credete, che sia facile raccontare il Risorgimento? Raccontare, dico io, la storia di quando l’Italia non era ancora neanche Italia, questo mondo rurale di illuminazione a olio, agricoltura, nobiltà e carboneria. Ah, la fa semplice il sussidiario delle scuole elementari: la barbetta di Mazzini, il barbone di Garibaldi, gli occhialetti di Cavour, i cannoni, e poi uno sfondo indistinto di figurine da presepe e cartapesta.   No che non è facile. Noi Credevamo ci prova con lo sbobinamento di tre ore e un quarto di pellicola. Tre ore e tre storie – con la s
18 Novembre 2010

TEATRO

In anteprima nazionale al Teatro della Tosse di Genova un commovente spettacolo diretto da Valerio Binasco


di Sergio Buttiglieri

Tutto inizia in una casa bianca senza mobili, alla John Pawson. Dentro questo ambiente dal minimalismo estremo, una coppia di anziani ci guarda. Lei, pallidissima, non mangia, lui l'assiste amorevolmente di fronte a un muro, su cui l'ombra del sole, riproducendo gli infissi di una finestra che non c'è, crea una labile flebile croce, preludio delle loro sofferenze.   In questa assenza di cibo, di parole, di arredi, di sentimenti, si gioca tutta la poetica di Jon Fosse, scrittore norvegese che l'Italia ha scoperto già da vari anni. Ricordiamo un magico sfocato Inverno, con un
28 Aprile 2010