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TEATRO

Da maestro cerimoniere ufficiale del centocinquantenario, il regista Mario Martone fa le cose in grande. E dopo Noi credevamo, ci propone un'altra maratona, questa volta a teatro, sui dialoghi delle Operette Morali. Per chi riesce ad arrivare alla fine, una gran soddisfazione. A tutti gli altri la nostra recensione propone una... scorciatoia


di Giulia Stok

Le celebrazioni risorgimentali di Mario Martone stanno prendendo una netta deriva ronconiana, per lo meno nel senso della durata: dopo le quasi tre ore di kolossal cinematografico di Noi credevamo (leggi la nostra recensione), ecco le tre abbondanti di kolossal teatrale delle Operette morali. “Le antiche commedie non erano propriamente azioni, ma satire immaginose, fantasie satiriche, drammatizzate, ossia poste in dialogo”, scriveva Leopardi pochi anni prima di iniziare le Operette. Il che, se da un lato ci fa pensare che si tratti di un testo intrinsecamente adatto al teatro,
04 Aprile 2011

FILM

In previsione del centocinquantenario, Mario Martone rilegge l'unificazione nazionale in chiave anticelebrativa. Lungo e accurato, è il ritratto di una patria lontana soltanto nel tempo


di Andrea B. Previtera

Ma che vi credete, che sia facile raccontare il Risorgimento? Raccontare, dico io, la storia di quando l’Italia non era ancora neanche Italia, questo mondo rurale di illuminazione a olio, agricoltura, nobiltà e carboneria. Ah, la fa semplice il sussidiario delle scuole elementari: la barbetta di Mazzini, il barbone di Garibaldi, gli occhialetti di Cavour, i cannoni, e poi uno sfondo indistinto di figurine da presepe e cartapesta.   No che non è facile. Noi Credevamo ci prova con lo sbobinamento di tre ore e un quarto di pellicola. Tre ore e tre storie – con la s
18 Novembre 2010

ATTUALITA' - WEEKEND

L'inno nazionale, dalla brevissima e sfortunata vita del poeta Goffredo Mameli alle insofferenze leghiste


di Giampaolo Rugarli

Sembra che non piaccia a tutti celebrare il centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia. In tesi generale potrei anche essere d’accordo: non mi piace lo stesso verbo “celebrare”, per i suoi contenuti enfatici, retorici e apodittici. Ma per l’Unità patria farei un eccezione: si tratta di un evento tendenzialmente negletto e, peggio ancora, non conosciuto, laddove sono moltissime le pagine dalle quali tutti potrebbero trarre preziose lezioni di vita. Esemplare è il caso del poeta Goffredo Mameli, genovese, il cui nome è lega
02 Luglio 2010