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FILM

I fratelli Coen portano per la seconda volta sullo schermo un romanzo di Charles Portis del 1968. Al fianco di Jeff Bridges (nella parte dello sceriffo guercio che valse l’Oscar a John Wayne) spicca il personaggio della giovane cowgirl Mattie, piccola femminista ai tempi del Far West 


di Sandra Petrignani

Ha l’età di Lolita, la determinazione di Jo di Piccole donne, la fiducia nel futuro di Pollyanna e la passione per l’avventura di Pippi Calzelunghe. Si chiama Mattie (la strepitosa attrice tredicenne Hailee Steinfeld) e la sua storia, creata in un romanzo americano del 1968 da Charles Portis, Un vero uomo per Mattie Ross, rivive per la seconda volta sul grande schermo nel nuovo film dei fratelli Coen.   La prima fu nel ’69 ne Il Grinta che valse il suo unico Oscar a John Wayne. Ma a parte il titolo originale, True Grit, i Coen prendono le distanze da quel pr
16 Febbraio 2011

LIBRI - NARRATIVA

Alessandro Piperno analizza impietosamente relazioni famigliari e fragilità umane, come il suo illustre (e non unico) modello. Tra un richiamo kafkiano e una minilolita, la parabola discendente di un professionista romano tifoso di Craxi


di Lorenza Trai

I lettori ammirati di Philip Roth, al cospetto del secondo romanzo di Alessandro Piperno, non hanno scuse: devono apprezzarlo, per l’impianto narrativo molto simile ad alcuni capolavori di Roth, oppure infastidirsi, per la evidente adesione al modello di riferimento. Dichiariamolo subito: questo romanzo è convincente, alcune pagine regalano una analisi impietosa delle relazioni familiari e della fragilità umana, raggiungendo punte di dolorosa verità; forse è lo scivolare progressivo della trama verso il surreale che rende il racconto da un lato pi&ug
08 Dicembre 2010

LIBRI

Non voleva che la sua ultima bozza di romanzo fosse pubblicata. Ora che è uscita per Adelphi, la recensisce per noi chi l'aveva già sfogliata inedita, tra le mani del figlio dello scrittore


di Sandra Petrignani

Era la fine d’ottobre del 1989, presi un aereo per Losanna e un treno fino a Montreux, dove dovevo incontrare Dmitri Nabokov, unico figlio dello scrittore che avevo amato forse più di ogni altro fino a quel momento. Al Palace Hotel (dove avevo fatto in modo di prenotare una stanza) viveva ancora Vera, l’amatissima moglie di Vladimir Nabokov. Nel ’61, data del loro ritorno in Europa dagli Usa, avevano scelto, ma sarebbe più giusto dire Vladimir aveva scelto, di non avere casa, ma vivere per sempre in albergo. Ricordo l’emozione, affacciandomi sul lago Lema
31 Dicembre 2009