Incrociando due tendenze stagionali, quella dei film tratti da una pièce da un lato e quella della commedia francese dall'altro, Alexandre La Patellière esce nelle sale estive con Cena fra amici, in originale Prènom. Una "tavolata" discute su come battezzare un nascituro, in uno scambio di battute vivace che fugge la trappola del cinema teatrale
di Marinella Doriguzzi Bozzo
Sostiene Ambrose Bierce nel suo Dizionario del diavolo che un bambino viene bagnato durante il battesimo perché il nome gli resti appiccicato. Dopo aver ricevuto l'annuncio di nascita di due nuovi, ignari e italianissimi infanti - rispettivamente Haraan e Bélisse - auspichiamo che l'acqua possa anche sortire il beneficio opposto... In ogni caso, abbiamo deciso di propugnare ad oltranza una legge che consenta agli sfregiati di scegliersi il nome che più loro aggraderà, a partire dal compimento del diciottesimo anno. Nel contempo, consigliamo agli artefici d
Realizzare un allestimento tratto dal capolavoro dell'autore boemo, Il Castello, significa piegare non solo la sceneggiatura ma anche la stessa scena alle esigenze del testo. Così ha fatto Giorgio Barbiero Corsetti, che firma la regia di questo trittico dove lo spettatore vive lo stesso smarrimento dell'agrimensore K
di Cristina Geninazzi
Non è semplicemente uno spettacolo itinerante, quello che offre la regia di Giorgio Barberio Corsetti nella sua ultima produzione, ispirata all’ambiziosa opera di Franz Kafka Il Castello, bensì un viaggio tortuoso e destabilizzante che permette allo spettatore di sperimentare la frustrazione e lo smarrimento del protagonista, l’agrimensore K. Giunto in una terra straniera per compiere il lavoro che gli è stato commissionato, il povero signor K , scopre, in un clima di reticente diffidenza, che la sua venuta con ogni probabilità è stata cau
Claudio Morganti rilegge liberamente il Woyzeck di Büchner, lo chiama Wozzeck e si mette in scena da solo a dialogare con le sagome proiettate sul telo: un curioso esempio di metateatro espressionista, dove le 'tenebre' sono anche quelle esistenziali
di Nicola Arrigoni
In quelle ombre che agiscono la storia d’amore, gelosia e passione del soldato Woyzeck c’è lo scontento di un mondo, c’è un desiderio che dura fino alla morte: c’è soprattutto la professione di fede di un artista nei confronti del teatro. Un teatro che alluda e sia poesia, un teatro che non dica tutto ma suggerisca la possibilità di mondi altri da condividere con lo sguardo autorale dello spettatore. Questo è Ombre -Wozzeck di Claudio Morganti, libera rilettura del Woyzeck di Büchner per attore solo e ombre qui a
La tragedia euripidea spostata in terra campana: La Madre che dà il titolo allo spettacolo è la donna del boss Francesco Schiavone, detto Sandokanne. Per vendicarsi di abusi e tradimenti rovinerà i suoi figli, facendo bere loro del vino. La prima, feroce regia firmata dal drammaturgo Mimmo Borrelli
di Anna Colafiglio
Già l'ingresso ha il sapore di un pellegrinaggio inverso, oscuro, capovolto nella sua valenza salvifica, in nome di un viaggio nei meandri del lato buio dell'uomo, pronto a svelarsi in un contesto rituale ribaltato e distruttivo. Si passa per il retropalco senza luci, si salgono le strette scale che portano al budello in cui si svolge l'azione: un luogo fortemente simbolico e, nel contempo, di un'immediata concretezza che ha il retrogusto doloroso di un pugno nello stomaco. In quest'antro vive Maria Sibilla Ascione, una matta barbona che narra i suoi tormenti ai gatti, rievocand
L'allestimento firmato da Danio Manfredini della grande opera (meta)teatrale di Shakespeare è minimale e interpretato da attori maschi e mascherati proprio come nell'epoca elisabettiana. Pochi marchingegni di scena ma abbastanza genio da convincerci che riportare in tour i classici può essere ancora utile
di Sergio Buttiglieri
Ogni volta che ritorna in scena Amleto, ci percorre il dubbio che forse su questo testo si è già detto tutto, e spesso lo si è fatto male. Che forse sarebbe semplicemente meglio rileggersi il testo di Shakespeare invece di rischiare inquinarne la memoria con l’ennesima produzione malriuscita. Ma sapendo quanto sia radicale nelle intenzioni il teatro di Danio Manfredini, (ricordo ancora come fosse ieri il suo straordinario e lacerante Cinema Cielo del 2003 o il suo fulminante, Tre studi per una Crocifissione del ‘92, appena transitato a La Spez
Nessuna "vera" storia eppure migliaia di significati, uno per ogni spettatore. L'Einstein on the beach che Robert Wilson e l'autore delle musiche Philip Glass stanno portando in giro per il mondo, si ripropone alle scene in un allestimento imponente. Cinque ore di spettacolo e trentasei anni di Storia del teatro in un'unica sera
di Anna Colafiglio
"Che 'significato' potesse o dovesse avere l'Einstein on the Beach, non importava affatto. L'opera iniziava con un treno del XIX secolo e terminava con un'astronave del XX secolo, ed era un fuoco di fila di immagini, movimenti, parole, musica, a cui si aggiungevano le fantasie degli spettatori stessi". Philip Glass parla al passato, ma che l'Einstein sia arrivato indenne attraverso trentasei anni di storia, appare un fatto indiscutibile; e che lo spettacolo mantenga, tutt'oggi, la sua carica dirompente e altra, rispetto a quello che è il panorama teatrale di oggi e di ieri, &e
L'attrice torinese Laura Curino porta a teatro uno spettacolo ispirato alla tragedia delle vittime dell'eternit che di recente ha trovato sentenza in tribunale. A parlare, attraverso un pulviscolo di amianto, sono gli 'oggetti' dei luoghi di lavoro. Una dedica alle vittime tardive dell'"Italia in crescita"
di Sergio Buttiglieri
Malapolvere, l'ultimo lavoro di Laura Curino, ci racconta una delle tante assurde storie del nostro tempo. Quella dell'amianto che ha ricoperto innumerevoli tetti d'Italia, giusto il tempo che qualcuno si accorgesse dei pericoli che rappresentava per chi lo lavorava o per chi semplicemente lo aveva vicino. É una storia simile a tante altre. In futuro potrebbero informarci che le radiazioni dei telefonini sono altrettanto pericolose, ma anche per quello sarà troppo tardi. Prioritario, sia per l'amianto, sia che per la telefonia mobile, é vendere il prodotto. La mod
Il pubblico confinato sui palchetti e il protagonista che si aggira dal palco alla platea e fino al foyer. Silvia Pasello, regista e attrice, rilegge la riflessione (meta)teatrale de Il Canto del Cigno. Il suo studio di riscrittura s'intitola L'Angelo dell'inverno, e aggiunge altri tasselli all'esile ma complesso copione originale
di Igor Vazzaz
Una luce men che flebile schiude la visione d’un quadro scenico che pare una fotografia sfocata. I fasci dei pochi riflettori carezzano senza illuminarla, una figura umana. Esile, capelli corti, biancovestita. La sala del minuto ma suggestivo Francesco di Bartolo di Buti ha un’aria surreale nella sua platea desertificata: non è un forno (termine gergale con cui si indica la drammatica assenza di pubblico), ma una scelta registica; gli spettatori presenti, infatti, sono stati dirottati nei palchetti, allargando a dismisura lo spazio tradizionalmente destinato all’illusi
Gli interrogativi che la tragedia sofoclea pose secoli fa agli abitanti di Atene valgono ancora per il pubblico di oggi? A giudicare dalla "riscrittura teatrale" che ne propongono Elena Bucci e Marco Sgrosso sembrerebbe di sì. Un confronto tra la Storia del teatro e l'urgente "qui e ora" della performance
di Nicola Arrigoni
Antigone per Elena Bucci e Marco Sgrosso non è solo mito, è teatro, anzi è di più: è rito etico, l’urgenza dell'interrogarsi sul senso del nostro stare al mondo, del nostro agire con gli altri. C’è il Novecento scenico. Da Craig a Brecht per non dimenticare I Giganti della Montagna di Pirandello o certe immagini kantoriane, questa Antigone prodotta con grande rigore estetico dal Centro teatrale bresciano e dalle Belle Bandiere è uno spettacolo ricco di fascino visivo, intenso. Non c’è bisogno di&nb
L'attore e regista Marco Paolini è in tournée con un nuovo spettacolo, Itis Galileo, dove le epocali scoperte del Galilei vengono ripercorse a partire dai banchi di scuola. E' un'ode alla cultura del saper fare e anche all'opera di artigianato che sta dietro al (buon) teatro di narrazione
di Nicola Arrigoni
Tutto inizia con un "minuto di rivoluzione", richiesto direttamente da Marco Paolini al pubblico: che, più o meno, imbarazzato risponde con gridolini, qualche risatina, un "Figooo...", o ancora "Meglio al mare che ai Monti", in nome di un conformismo imbarazzato e di un inatteso invito a partecipare che spiazza e rende quei sessanta secondi interminabili. Quel minuto di rivoluzione torna nella tirata finale, in cui Marco Paolini fa il commento e la morale alla lezione scientifica di Galileo Galilei: la rivoluzione è il saper pensare co
Ciak si gira! è l'omaggio dell'attore-trasformista alla settima arte: dalla sedia dello spettatore al centro del grande schermo, i continui cambi di costume citano Fellini e Casablanca, Charlie Chaplin e Lo Squalo, riprendendo un discorso interrotto dieci anni fa con lo spettacolo Brachetti in Technicolor
di Nicola Arrigoni
Alla fine Arturo Brachetti in frack bianco ringrazia Fellini, Rossellini, Chabrol, Lang e Spielberg, la camminata di Totò e le tette di Liz Taylor, le gambe della Dietrich e i baffi di Groucho Marx, i bambini di Truffaut, e i silenzi di Bergman insieme alla bicicletta di E.T., della Vita è bella e di Ladri di biciclette. Come dire che senza di loro avremmo meno sogni, avremmo meno mondi possibili in cui fare abitare i nostri desideri e le nostre paure. Ed è proprio al grande schermo e alla sua forza fascinatoria, magica, che Arturo Brachetti, il Peter Pan del trasf
Elio Capitani e Ferdinando Bruni riportano in scena l'irriverente testo di Alan Bennett, History Boys: la spassosa preparazione di alcuni studenti liceali per il test d'ingresso alle Università di Oxford e Cambridge. Una pièce che i registi hanno saputo riportare in vita magistralmente
di Nicola Arrigoni
The history Boys di Alan Bennett è una pièce esilarante sulla scuola, sulla sessualità, sulla necessità di entrare a far parte dell’élite del sapere e sui rischio di omologarsi al supermarket della cultura - un rischio che l’istituzione scolastica irride con superbia. Elio De Capitani e Ferdinando Bruni – che firmano la regia – hanno dato vita ad uno spettacolo che è un corpo in ebollizione, che vive di un’energia data dal cast di giovani e meno giovani, luogo deputato a criticare con affetto la scuola e i suoi abit
Ricci/Forte, la coppia di autori passati dalla fiction televisiva al teatro d'assalto, mette in scena Grimmless: il mondo senza favole in uno spettacolo di grande intensità fisica, quasi "pornografica". Le storie di quotidiana violenza dei giovani protagonisti turbano ma senza mai avventurarsi in profondità
di Nicola Arrigoni
Grimmless è la terra senza fiaba, è il nostro presente, mediato dallo sguardo disincantato della coppia Ricci/Forte: un fenomeno della scena italiana, artisti che da autori della fiction I Cesaroni sono diventati penne di culto di un fare teatro che sta intercettando un pubblico giovane, partecipe e "partigiano" come lo sa essere solo il pubblico della grandi star della musica leggera. Anche questo è un aspetto che non va sottolineato nel raccontare degli spettacoli della coppia di artisti romani che, con spudorato gioco della provocazione estetica, raccon
Le storie di Io cammino in fila indiana non sono figlie dell'Ascanio personaggio televisivo o dell'uomo di teatro. Ambiscono invece a tutto il valore letterario della pagina scritta. Parabole contemporanee che esplorano il buio della società attuale, ma solo per fare intravedere la luce alla fine del tunnel
di Dario De Marco
La recensione negativa non esiste più, e questo si sapeva. Ma non esiste più neanche la recensione positiva: sono state sostituite dalla recensione preventiva. Sui giornali non si dà il giudizio su un libro che è appena uscito, ma si prende un libro che deve ancora uscire e si fa: la segnalazione, l'anticipazione, la pubblicazione di un estratto o della prefazione, l'intervista alla Altan (“Dica quel che cazzo le pare”), la polemica a priori. Insomma, nel migliore dei casi chiacchiere a vacante, nel peggiore puro marketing. Questo soprattutto quando l'au
Dopo Amleto, Mercuzio non vuole morire è il nuovo "studio" del regista Armando Punzo sui testi del bardo inglese. Nella rappresentazione degli attori detenuti della Compagnia della Fortezza, la vicenda di Romeo e Giulietta viene frammentata e ricomposta da capo. L'abbiamo visto per voi al Festival di Volterra
di Igor Vazzaz
Se il teatro da sempre si lega al rito, reiterazione d’un atto cristallizzato nel suo (dis)farsi, è del tutto comprensibile che la replica, intesa come calco di un’impronta estetica che si rende forma precipitata e ritornante, possa essere non solo ammessa, ma plausibile, nel percorso di un artista, di un gruppo, di una situazione. È con questa certezza, dunque, che ce ne torniamo dalla doppia visione di Romeo e Giulietta - Mercuzio non vuole morire, ennesima impresa della Compagnia della Fortezza capitanata da Armando Punzo, spettacolo (o, meglio, studio) offert